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"La Valle dei monasteri" di Giovanni Russo al Salone Internazionale del Libro di Torino

TORINO - Il Lingotto chiude i battenti dopo cinque lunghe giornate di full immersion nei libri e non solo. Anche quest'anno l'esperienza degli editori calabresi a Torino ha registrato un bilancio decisamente positivo, come del resto facevano sperare i dati "istituzionali" su cui in questa occasione, si è avuto modo di fare il punto. L'ultima giornata della kermesse si è rivelata vivace, l'afflusso del pubblico è stato altissimo e le attività allo stand regionale sono proseguite con vitalità. Protagonista del calendario degli eventi del 14 Maggio 2012 è stato l'editore Ferrari con due presentazioni. La prima ha riguardato il libro Tutto il mondo fuori di Attilio Celeghini, presentato dallo stesso autore e dal giornalista e scrittore Domenico Agasso. La seconda invece ha avuto per oggetto il volume La valle dei Monasteri. Il Mercurion e l'Argentino scritto da Giovanni Russo, con le fotografie di Pietro Rotondaro.

Un saggio finalizzato a riscoprire il monachesimo calabro-greco e le sue particolarità, da riconoscere nei concetti di pace, ospitalità, studio, spiritualità e contemplazione della natura. All'incontro hanno preso parte Guglielmo Colombero, scrittore e critico letterario, Fulvio Mazza, direttore de la Bottega editoriale, l'autore Giovanni Russo e Pietro Rotondaro quale autore delle immagini fotografiche del libro.

Quella del monachesimo bizantino, detto anche basiliano o, ancora e meglio, italo-greco, è una storia sconosciuta ai più ed ampia¬mente sottovalutata quando si tratta di ricostruire la più complessiva storia della nostra regione.
Il libro, "La valle dei monasteri, il Mercurion e l'Argentino" di Giovanni Russo, studioso ed appassionato originario di Orsomarso (splendido borgo posto proprio allo sbocco delle gole del Fiume Argentino) è una preziosissima monogra¬fia, per altro piena di sorprendenti intui¬zioni archeologiche, su un luogo, le valli del Lao e dell'Argentino, nel nord-ovest della Calabria, e su un'epopea, quella del monachesimo italo-greco.

Una dettagliata ricostruzione ed interpretazione di tutti i testi più impor¬tanti dedicati al Mercurion ovvero all'Eparchia (equivalente orientale di "Dioce¬si") monastica del Mercurion. Con queste denominazioni si intende la fioritura di istituzioni monastiche nel bacino del Lao-Mercure tra l'abitato di Laino a monte e la foce a valle, con l'intento di perimetrarne con maggiore esattezza i confini e nello stesso tempo di individuare i monasteri e i romitaggi più famosi, tra cui l'eremo in cui visse San Nilo, la maggiore figura di santo, asceta e mistico della tradizione italo-greca. Russo spiega, innanzitutto, la nascita del monachesimo italo-greco. A partire dal VII sec. d. C., cominciarono a verificarsi vere e proprie migrazioni di monaci greci dai Balcani. L'origine del monachesimo cristiano non è completamente nota, ma si sa che già nel I secolo d. C. alcuni fedeli, per sentirsi più vicini a Dio e per imitare Cristo (imitatio Christi), abbracciarono una vita solitaria (fuga mundi) dedicata all'ascesi, fondata sulla carità, sull'umiltà e sulla mortificazione del corpo.

Una terza ondata migratoria si ebbe nel IX secolo dalla Sicilia conquistata dagli Arabi. Fu così che, sia per ragioni geopoli¬tiche e religiose, sia per motivi geografici e geomorfologici (presenza di aree impervie con numerose grotte e rupi) la zona com¬presa attualmente tra Aieta, Laino, Papasidero, Orsomarso e Scalea e gravitante attorno alle valli del Lao e dell'Argentino, divenne la più popolata e famosa area di ritrovo dei monaci italo-greci, che vi costruirono romitaggi, laure, cenobi in gran numero e vi fecero fiorire la vita reli¬giosa e civile, al punto che si parlò di "una nuova Tebaide".

Nel libro di Russo si dà conto di tutti gli studi sul Mercurion e sulle "vite" (in greco bioi, ossia le biografie agiografiche) dei grandi santi che vi abitarono, su tutti San Nilo da Rossano, per cercare di dare confini certi all'area. Lo studioso conclu¬de, così, che il nucleo più importante del Mercurion dovette essere proprio quello compreso attorno alla confluenza tra il Lao e l'Argentino (ossia il tratto medio terminale delle due valli), dominato, tra l'altro, poco all'interno, dall'abitato di Orsomarso, sorto proprio attorno ad un monastero rupestre che occupava l'attuale sito del castello.

Ma la scoperta più sorprendente, leggendo il libro del Russo, è l'in¬dividuazione esatta del famoso eremo di San Nilo, da identificarsi con la Grotta dell'Angelo (da San Michele Arcangelo) posta in posizione incredibilmente imper¬via sulla parete rocciosa della Timpa Simara di Orsomarso, che domina dall'al¬to la valle di un affluente dell'Argenti¬no, il Porta la Terra. L'eremo è costituito da una grotta parzial¬mente protetta da muratura artificiale, con all'interno un grosso masso che fungeva da tavolo per il santo, come ci ricorda il suo bios, e che si raggiunge con un difficile e pericoloso aggiramento dall'alto, esattamente descritto nel bios e definito come "la via scabrosa". All'interno resti di affreschi raffiguranti la scena dell'annunciazione e quella della crocifissione.

L'eremo di San Nilo domina la zona sottostante, dove, in località Giardino o Nocella di Orsomarso si trova il monastero di un altro famosissimo mona¬co del Mercurion, San Fantino. Così descrive questa specifica zona il Russo: "Solo chi, almeno una volta, si sia recato a visitare le Meteore, in Gre¬cia, può costruirsi un'immagine piuttosto verosimile di come doveva essere, nel X secolo, la valle solcata dai fiumi Argentino e Porta La Terra. Una valle completamente immersa nel verde, che presenta numerose pareti rocciose e pinnacoli che si ergono improvvisi e imponenti, su ognuno dei quali, all'epoca dell'Eparchia monastica del Mercurion, sorgeva un monastero. Come alle Meteore! [...] Non è un caso, infatti, che su ognuna di quelle rocce o nelle loro più immediate vicinanze, siano ancora presenti chiese, cappelle, resti di costruzioni, il cui utilizzo, comunque, era legato alle attività che i monaci vi svolge¬vano nei loro monasteri".

Il passato storico della Calabria nord-occidentale dei secoli a cavallo tra i primi due millenni ha lasciato poche tracce, deboli testimonianze scolpite su pietre ormai logore, che però ancora combattono contro gli attacchi del tempo, delle intemperie e dell'incuria degli uomini.

Se la documentazione archeologica è difficile o forse solo molto faticosa da raccogliere, quella documentaria, di tipo tradizionale, appare irrimediabilmente limitata. Rari sono i testi a cui poterci rifare e quasi tutti di natura agiografica. Anche qui le notizie vanno scavate tra testi scritti per lodare la vita e le gesta dei numerosi uomini di fede che avevano abitato questa regione e in essa avevano trovato il luogo ideale per contemplare la grandezza dell'Altissimo.

"La valle dei monasteri. Il Mercurion e l'Argentino", senza avere la pretesa di essere esaustivo riguardo all'intera vicenda del monachesimo calabro-greco in tale regione, vuole essere un invito a riconsiderare non solo l'annoso problema dell'ubicazione dell'Eparchia monastica del Mercurion, ma anche quello di ricercare il suo centro, il luogo cioè in cui si concentrava la maggior parte dei suoi monasteri.

Quello del monachesimo mercuriense rappresenta, infatti, una parentesi storica di cui si può essere orgogliosi e la sua particolarità , risiede nel fatto che non riguarda avvenimenti bellici o di contrapposizione tra popoli o idee, ma introduce concetti che lo stesso mondo moderno fa fatica a recepire: è una pagina di storia che parla di ospitalità, di pace, di studio, di spiritualità, di contemplazione della natura e di adorazione dell'Assoluto.

Pietro Rotondaro
26/05/2012

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Fonte: http://www.abystron.org/expo/calabria/anno-2012/eventi-culturali.aspx
Data: venerdì 19 aprile 2024 - 01:19:55