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C'era una volta "l'ascensore sociale". Le sfide del futuro partono dalla scuola

La lettura dei dati Istat sulla disoccupazione in Italia rivelano alcune tendenze dei cambiamenti in atto nella nostra società. Si scopre, ad esempio, che la scuola non è più, o lo è molto meno, quel formidabile ascensore sociale in grado di creare condizioni psicologiche e prospettive economiche migliori soprattutto per le fasce sociali meno abbienti. Un fenomeno sul quale interrogarsi e di cui il mondo della scuola dovrà seriamente farsi carico per suscitare azioni concrete e positive di gestione. Oggi più che mai la scuola deve tornare ad essere il centro motore di ogni politica che vuole definirsi autenticamente riformatrice. A meno che non si voglia dare ragione a chi, non molto tempo fa, affermava inopinatamente che con la cultura non si mangia.

VITA ITALIANA - La scuola non compensa più l'esclusione degli italiani di serie B. L'Istat ricorda come siano in aumento gli italiani dimenticati ed esclusi, quelli che non hanno niente, e per cui la scuola non serve da ascensore sociale. L'Istat pubblica gli ultimi dati sulla disoccupazione in Italia e che arriva al 9,3%, «in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio e di 1,2 punti su base annua.
Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni è pari al 31,9%, con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a gennaio e di 4,1 punti su base annua». Ma nel nostro Paese esiste un problema di cittadinanza di serie B. Sono le vite degli italiani che l'Istat chiama «minori». Stanno soprattutto al sud, sono minorenni, vivono in famiglie più numerose (http://www.istat.it/it/files/2011/02/Ferrara.ppt). Secondo l'Istat nel 2009, il 5,9% dei bambini e ragazzi da 6 a 17 anni (circa 393 mila individui) è rimasto escluso da molte forme di partecipazione sociale e culturale (non vanno al cinema, non leggono libri, non usano pc e internet, non fanno sport). Si tratta dei «ragazzi totalmente esclusi» che salgono al7,5% tra le famiglie operaie, all'8,9% nel Sud e al 10,8% nelle Isole. Già uno studio sulla deprivazione specifica dei bambini (EU-SILC 2007) mostrava come tra le famiglie con minori, «il 15,5% aveva difficoltà a garantire ai propri figli gli abiti indispensabili, adeguati alla stagione o a specifiche esigenze; il 18,1% non si poteva permettere di festeggiare i bambini e di non aver potuto permettersi di far frequentare loro centri sportivi, palestre o piscine; il 15,9% aveva rinunciato a fare regali di compleanno ad amici dei figli per mancanza di soldi e per il 10,3% questa circostanza aveva impedito loro di partecipare alle feste di amici». Nemmeno la scuola riesce a compensare, come avrebbero voluto i padri costituenti. «Il sistema pubblico dell'istruzione manifesta una ridotta capacità di riequilibrare le disuguaglianze di partenza».

Censis: la scuola non funziona più da ascensore sociale
Al primo impiego solo il 16,4% dei ventenni è salito nella scala sociale rispetto alla famiglia di provenienza.
Una volta si studiava per migliorare la propria posizione sociale. Ma oggi il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali e di funzionare come strumento di ascensione sociale. E' quanto sostiene il Censis nell'ambito dell'incontro «Il vuoto della sfiducia crescente nella scuola» tenuto oggi.
Al primo ingresso nel mondo del lavoro, infatti, solo il 16,4% dei nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla condizione di provenienza, il 29,5% ha invece sperimentato una mobilità discendente rispetto alla famiglia di origine. E la scuola non riesce a svolgere la funzione di riequilibrio sociale per i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate. L'abbandono scolastico tra i figli dei laureati è un fenomeno marginale (riguarda solo il 2,9%), sale al 7,8% tra i figli dei diplomati, ma interessa quasi uno studente su tre (il 27,7%) se i genitori hanno frequentato solo la scuola dell'obbligo. L'uscita precoce dai circuiti scolastici riguarda il 31,2% degli studenti i cui genitori svolgono professioni non qualificate, contro appena il 3,9% di quelli con genitori che svolgono invece professioni qualificate.
Tra il 2008 e il 2013 la domanda di lavoro in Italia ha continuato a concentrarsi soprattutto sui livelli di studio bassi, gli unici a registrare un andamento positivo (+16,8%), a scapito sia dei titoli medi (-3,9%), sia di quelli più elevati (-9,9%).
In questo periodo sono aumentati del 32,7% i diplomati e del 36,6% i laureati occupati in professioni che richiedono bassi skill, in pratica scarsa abilità. Il fenomeno dell'«overeducation» nel mercato del lavoro riguarda sia le lauree considerate deboli, come quelle in scienze sociali e umanistiche (43,7%), sia le lauree ritenute più forti, come quelle in scienze economiche e statistiche (57,3%), e tocca anche un ingegnere su tre.
Di fatto, oggi in Europa due terzi dei giovani tra 18 e 29 anni si dichiarano ottimisti verso il futuro, in Italia la percentuale si ferma al 47,8%.

FONTE: http://www.ulisseonline.it/censis-la-scuola-non-funziona-piu-da-ascensore-sociale/

Per approfondire:
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/05/24/marina-boscaino-addio-ascensore-sociale-la-scuola-italiana-produce-diseguaglianza/ 

26/06/2014

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Fonte: http://www.abystron.org/expo/italia/2014/scuola-e-futuro.aspx
Data: mercoledì 24 aprile 2024 - 20:20:45