ORSOMARSO
La tradizione Orsomarsese vuole che il 19 marzo, giornata dedicata ai festeggiamenti di San Giuseppe, le persone devote offrano a parenti e amici "u mmìtu". La maggior parte degli ingredienti che lo compongono sono verdure, legumi, baccalà e pasta fatta in casa, il tutto accompagnato da buon vino e pane fatto in casa. Tutti prodotti che generalmente i contadini possedevano di loro produzione. I preparativi iniziavano almeno due giorni prima con pulire le verdure, mettere in ammollo i legumi, fare il pane e preparare il tagliono.
Le pietanze principali sono: insalata verde, fave secche, lenticchie, ceci, fagioli, cicerchie, scarola, cicoria, foglie di broccoletti di cavolo, finocchietto selvatico tenero, sedano. Tagliolino con fagioli, riso lessato condito con pepe rosso, baccalà fritto e crespelle. I devoti più abbienti aggiungevano anche la frutta secca e cioè: fichi a "jhètti" e "pijatuli", noci, crocette, e qualche rara volta anche "panniciddi", ovvero frutta secca e uva passa avvolta in foglie di cedro e fatta cuocere in forno.
Il procedimento era laborioso, i legumi, eccetto le lenticchie, dovevano stare in ammollo per 24 ore. Solo i ceci venivano messi in ammollo con abbondante acqua tiepida e sale. La quantità di ogni alimento doveva essere di almeno un kg e mezzo, dopo l'ammollo, lavati per bene, venivano disposti in pignate o "tijeddi" in coccio e fatti cuocere lentamente un grande focolare avendo l'accortezza ogni tanto di mettere della brace vicino per uniformare la cottura.
Il condimento principale è olio extra vergine scaldato in padella con aglio e pepe rosso. Alla cottura delle lenticchie va aggiunto aglio intero, un rametto di origano e sale. Solo nel tagliolino e/o pasta con fagioli alcuni aggiungono pepe nero macinato fine e/o cannella.
I legumi così cucinati vengono chiamati in dialetto l'uspri. Per la zuppa di verdura il procedimento è molto elaborato ovvero una volta lessati i due tipi di verdura, si mette in acqua fredda, dopo viene strizzata e appallottolata e si cala in un brodo sempre vegetale fatto con sedano, finocchietto tenero selvatico e foglie di cavoletto, anche questo deve cuocere lentamente fino all'assorbimento completo del brodo.
Anche la "savuza" richiede molto tempo di preparazione e anche questa pietanza ognuno la prepara a gusto proprio. Ma la ricetta base richiede che le zucchine secche vadano tagliate tutte a tocchetti e lessate in abbondante acqua e una volta cotte si passano in acqua fredda. A parte si soffrigge l'aglio in abbondante olio e quando si è rosolato va tolto, si aggiunge il pepe rosso, la menta fresca e per ultime le zucchine e fatte friggere allegramente rigirandole continuamente, una volta fritte si irroravano di aceto e versate in un grande piatto da portata.
Il procedimento per il baccalà è molto semplice; una volta tenuto in ammollo il baccalà secco si lava e si strizza bene e quindi va infarinato e fritto. Anche per le crespelle la preparazione è semplice in quanto è lo stesso impasto del pane ma un po' più morbido e con lievito madre e una volta lievitate si friggono in una grande padella con abbondante olio facendo dei torciglioni. Le crespelle anticamente venivano fatte così, oggi alcuni nell'impasto aggiungono le patate lessate per renderle più morbide. Il giorno prima erano state fatte anche almeno due infornate di pane, ogni pagnotta doveva pesare circa 1 chilo.
Quando tutto ciò era pronto si apparecchiava la tavola con il pane e il vino. I commensali, in questo caso i Santi o gli Apostoli, potevano essere 8 se era la prima volta che la persona devota faceva "u mmitu", altrimenti andava apparecchiato per 13 (12 + 1) . I Santi e o gli Apostoli li sceglieva la padrona di casa a sua discrezione. Di solito erano familiari e persone care, generalmente poveri. Era anche a sua discrezione attribuire un nome di un santo o di un apostolo in relazione al voto fatto. Il santo generalmente non può rifiutare l'invito perché è peccato ed è malaugurio. Anzi, il santo prescelto era molto contento perché poteva farsi una bella mangiata.
Prima di mezzanotte della vigilia doveva essere tutto pronto in tavola e attorno rimanevano le pignate e il calderone per cuocere il tagliolino coi fagioli. Tutte le persone abitanti la casa spegnevano le luci e andavano a letto. A mezzanotte passava San Giuseppe per la benedizione. Si racconta che il contenuto delle pignate non finiva mai, più si distribuiva e più ne avanzava.
Alla mattina del 19 verso le 10,30 le persone prescelte a impersonare i Santi e o gli apostoli prendevano posto a tavola. Al centro della tavola c'era un quadro con l'immagine di San Giuseppe. Insieme recitavano le preghiere e la litania di San Giuseppe, se la padrona di casa non sapeva leggere incaricava un Santo a leggerla al posto suo, ed in genere era un ragazzo che impersonava Gesù. Quindi sempre la padrona di casa girava intorno alla tavola baciando la mano ad ogni Santo, a volte per devozione o per grazia ricevuta lo faceva in ginocchio, era sempre la padrona di casa che serviva, a dare il via per gli assaggi dopo che erano stati serviti tutti apostoli. I Santi e/o gli apostoli stavano seduti a tavola composti e in dignitoso silenzio. Prima di iniziare a mangiare veniva tolto il pane. La prima pietanza da assaggiare era l'insalata, a seguire il tagliolino, il riso, l'uspri, baccalà da accompagnare con la crespella, la minestra di verdura e, per finire, ritornava il pane.
Ad ogni Santo veniva offerta una pagnotta ma prima la padrona di casa toglieva un pezzettino per conservarlo a scopo terapeutico. Questo pezzettino di pane serviva per curare grossi foruncoli e ferite da sassi ai piedi e in altre parti del corpo. Si applicava sulle ferite dopo che era stato fatto a poltiglia caldo e avvolto in una pezzuola. Nel piatto veniva versata l'intera portata, però veniva assaggiato solo un cucchiaio di ogni pietanza, il resto veniva messo nei contenitori che ognuno si era portato da casa. Alla fine del rito in tavola doveva rimanere solo il pane e il vino. A cerimonia terminata i Santi lasciavano la casa e solo allora potevano mangiare e bere anche le altre persone presenti. In alcuni casi si cantava e ballava al suono dell'organetto. Subito dopo si passava alla distribuzione di un assaggio di ogni cosa alle persone del vicinato e dei parenti che non avevano potuto partecipare. Doveva essere consumato tutto.
Quando era a "mmitu apìrtu" si preparavano tutte le portate senza misura. In questo caso non c'era il rito dei Santi e o degli Apostoli. La devota e padrona di casa invitava tutte le persone con il passa parola ad andare con un recipiente per prendersi un po' di ogni pietanza e di portarsela a casa, oppure poteva mangiarla sul posto. La tavola rimaneva apparecchiata per tutta la giornata, anche il vino non doveva mai mancare e solo in serata finalmente tutte le famiglie che avevano preparato e partecipato a "u mmitu" potevano andare a messa.
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