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Se le parole hanno un senso

Non chiamiamole più "morti bianche" (di Stefano Corradino - Art. 21.info)

ITALIA - Le parole hanno un senso. Non sono semplicemente un mezzo con il quale gli individui si esprimono e comunicano tra loro. Diciamo spesso sono “solo parole” per indicare qualcosa che non lascia segno o che non incide sulla realtà. È vero esattamente il contrario: le parole incidono sulla realtà, la modificano. Il linguaggio è un fenomeno sociale: tra linguaggio e società esiste una relazione interna, dialettica, reciproca.

Alla redazione di Articolo21 sono giunte non poche lettere. Delegati alla sicurezza, giornalisti, ma soprattutto mogli e madri che hanno visto morire i loro cari a causa degli incidenti sul lavoro. E che hanno subìto l’oltraggio della perdita che. Loro ci hanno invitato a rivolgere un appello al mondo dei media: non usate più l’espressione “morti bianche”. “Ci offende e offende la loro memoria”, spiegano. Hanno ragione. Non c’è alcunché di “bianco”, di candido, in quelle morti. Quelli sul lavoro sono morti in modo violento e tragico. E non sono tragiche fatalità come qualcuno le dipinge... Non c’è alcunché di fatale in quelle morti. Semmai c’è qualcosa di colposo di criminoso. Sono delitti efferati commessi da una società che subordina la dignità del lavoro e dell’uomo al profitto a tutti i costi.

E allora, aboliamo il termine “morti bianche” dal nostro vocabolario quotidiano. Perché, come ha scritto Samantha Di Persio sono morti sporche, sporchissime. Giuseppe Giulietti, lo ha ribadito in questi giorni, e lo ha fatto Santo Della Volpe proprio sul nostro sito, anche facendo riferimento alla giusta campagna promossa dall’agenzia Dire e da Redattore Sociale che hanno lanciato l’appello affinchè sia abolito dal nostro linguaggio quotidiano il termine “clandestino” perché egualmente offensivo. Siamo sicuri che saranno molti i giornalisti, gli editori, i conduttori di trasmissioni televisive che recepiranno questo appello. Scegliere le parole più appropriate non sarà una rivoluzione, ma è quantomeno un segno di civiltà e di rispetto.

29/11/2008
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