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La storia di Orsomarso degli ultimi 40 anni: un parco culturale fra ruderi "parlanti" da tutelare e valorizzare

ORSOMARSO - Se dovessimo riassumere in pochi contenuti chiave l'incontro sul tema "FAI...il racconto di Orsomarso: tra storia, spiritualità e santuari della natura", svoltosi sabato 18 luglio 2015 nella piazza Municipio di Orsomarso, alla presenza di un numerosissimo ed interessato pubblico, potremmo senz'altro scegliere le seguenti frasi: "il Parco nazionale del Pollino è soprattutto un parco culturale" prima ancora che naturale, e "la differenza fra ‘macerie' e ‘ruderi'" che sta nel fatto che le prime non dicono niente e sono segno di distruzione e morte, i ruderi invece sono testimonianze visibili che parlano, raccontano, richiamando alla memoria fatti, persone, storie di civiltà dalle quali non si può prescindere, se si vuole veramente raccogliere l'eredità del passato e da lì partire per costruire un futuro a misura d'uomo. Un evento particolarmente importante organizzato dal Comune di Orsomarso e dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), che ha posto al centro dell'attenzione quello che rappresenta un vero e proprio unicum che lega la storia di questi territori, le cui radici affondano nella Magna Grecia, alla straordinaria bellezza del paesaggio di rocce carsiche, valli rigogliose popolate da rari endemismi e solcate dai fiumi Lao, Argentino, Battendiero, Corvino, Rosa, Esaro, Coscile, Raganello e tanti altri corsi d'acqua che scendono dai monti del Pollino e della catena del massiccio dell'Orsomarso.
Dopo l'intervento di saluto del sindaco di Orsomarso Antonio De Caprio, hanno preso la parola gli ospiti, per così dire "istituzionali": Gloria Samà, capo delegazione del FAI di Catanzaro, la responsabile dell'ufficio stampa dell'USR Calabria Giulia Bergantin, il deputato Roberto Occhiuto e il Presidente dell'Ente Parco nazionale del Pollino Domenico Pappaterra. Tutti hanno sottolineato l'importanza dell'impostazione che si è voluta dare a questa manifestazione e la volontà di dare il massimo contributo, per quanto di competenza, per fare in modo che ogni iniziativa venga attivata tenendo sempre conto delle vocazioni dei territori e del patrimonio storico-archeologico, culturale, delle economie di nicchia e naturalistico-ambientale, anzi a partire da esse, senza iniziative estemporanee e devastatrici di una ambiente che, in molte parti della Calabria, porta tutti i segni della distruzione e del degrado.
Il momento più significativo della serata è stato occupato dalle relazioni che si sono succedute subito dopo, a cominciare da Francesco Bevilacqua che è un perfetto conoscitore diretto del territorio calabrese e dei suoi parchi naturali, ma anche un raffinato intellettuale che integra perfettamente il linguaggio settoriale specifico, con una vasta cultura storico-letteraria e filosofico-scientifica. Il tutto si traduce in una grande capacità di presentare i contenuti con un linguaggio fluido e accattivante, mai noioso o oscuro, che riesce a catturare l'attenzione del pubblico. Ed è stato proprio Bevilacqua che ha introdotto i concetti chiave che segnalavamo all'inizio: le aree naturali protette calabresi e italiane in genere sono soprattutto "parchi culturali", sfatando così il vecchio mito del parco come area assolutamente selvaggia, "Wilderness", come siamo ormai abituati a sentirci dire quando si parla dell'alta valle del fiume Argentino, secondo un modello importato dai grandi parchi americani. Un'impostazione che Bevilacqua ha rivisto completamente alla luce della realtà storico-geografica e degli insediamenti umani distribuiti nel territorio italiano. Insomma, una volta tanto in Italia si fa strada un nuovo ed originale modello di parco che pone al centro proprio la storia del paesaggio e degli insediamenti umani, dai centri storici, che rientrano all'interno del perimetro dei parchi, alle attività produttive che, nonostante moderne strutture aziendali, non possono prescindere da antichissime tradizioni agro-silvo-pastorali; per non parlare di tutto il patrimonio antropologico-culturale ed etnografico di cui sono depositarie le comunità del parco. Nel suo ampio e ricco excursus Francesco Bevilacqua ha anche richiamato alcuni dei più significativi siti archeologici disseminati sul territorio del Parco, fra i quali sicuramente spicca la grotta santuario dell'Angelo dove, secondo la ricostruzione storica e i testi agiografici, si ritirò seguendo rigide regole ascetiche Nilo da Rossano, soggiornandovi per circa un decennio intorno alla metà del X secolo. Un sito di prim'ordine, un "rudere parlante", ma anche un'emergenza che grida vendetta e pone le istituzioni di fronte alle loro responsabilità, per quanto riguarda i necessari interventi di recupero e salvaguardia.
Un perfetto assist al secondo relatore, Giovanni Russo, studioso ed appassionato da sempre del monachesimo italo-greco, comunemente noto come basiliano che, grazie a un lavoro certosino su testi originali e sul territorio, ha ricostruito la rete dell'ubicazione di decine di monasteri che fiorirono e prosperarono passando alla storia col nome di Eparchia del Mercurion, la provincia monastico-militare il cui centro politico-amministrativo egli avrebbe individuato proprio nell'abitato di Orsomarso, attorno al monastero fortificato del castello, costruito sul costone roccioso che attualmente ospita l'orologio comunale. Una valle in cui fiorivano decine di monasteri, dominata dalla possente mole di roccia carsica del crivo di Sant'Angelo con la sua grotta santuario probabilmente dedicata a San Michele e preesistente al decennale ritiro di Nilo. Un intervento, quello di Giovanni Russo, che ha anche proposto una ipotesi di soluzione alla secolare discussione sull'itinerario più probabile e maggiormente utilizzato di collegamento fra la riviera tirrenica della foce del fiume Lao e il versante ionico-sibari-Pollino. A tale proposito, lo studioso orsomarsese non ha avuto dubbi nell'indicare proprio l'antico sentiero che risale il corso del fiume Argentino in direzione Tavolara, Fiumarella di Rossale, Piano di Novacco e il successivo scollinamento verso Lungro, Acquaformosa, Saracena e quindi l'area del castrovillarese e della sibaritide, sul versante ionico, come il vero percorso utilizzato nelle varie epoche per spostarsi da un mare all'altro. Tutto ciò sarebbe ancora più plausibile se si tiene conto dell'orografia del territorio, dell'esistenza di abbondanti miniere di salgemma, della presenza di almeno cinque siti fortificati lungo la valle del fiume Argentino a partire da Castromercurio, nei pressi della confluenza fra il Lao e l'Argentino, quello di Santo Nicola alle pendici del monte Serra, il castello della torre dell'orologio, Santa Maria di Raione sulla sommità della serra La Limpida, Castello Brancati e di Santo Noceto nel cuore della valle dell'Argentino.
Altro intervento particolarmente interessante è stato quello di Maurizio Muzzupappa, docente del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell'Unical che ha presentato un interessantissimo studio scientifico e videografico in 3D della Grotta dell'Angelo, illustrando anche quelle che saranno ormai le nuove frontiere della tecnologia applicata alla didattica e come strumento fondamentale per realizzare reti museali diffuse, fruibili a livello mondiale.
Insomma, la piazza di Orsomarso è tornata a vivere una serata particolarmente ricca di contenuti culturali e politici, in senso lato, durante la quale è stata effettivamente fatta la storia dell'ultimo quarantennio di vicende che hanno interessato la vita di questa comunità e del territorio dell'intero comprensorio del Parco del Pollino e della Calabria settentrionale. Una storia nella quale cominciano a delinearsi con chiarezza i fatti e le grandi battaglie ideali e democratiche che posero al centro del dibattito le scelte strategiche da attuare per lo sviluppo del territorio e l'utilizzo delle risorse, a cominciare da quella del patrimonio naturalistico-ambientale. Allora, come ha ricordato Bevilacqua, si posero le basi per un grande progetto di sviluppo economico che poneva al centro proprio la tutela e salvaguardia del patrimonio naturalistico, storico e socio-culturale del territorio, contro ogni tentativo di sconvolgere in modo irreversibile un ecosistema unico qual è quello della valle del fiume Argentino. E si sta parlando di progetti come la realizzazione di strada a scorrimento veloce e di quello dell'Enel di derivazione delle acque del fiume Argentino alla località Pantagnoli, da condurre attraverso una galleria alla centrale idroelettrica da realizzare in località Palazzo, sul fiume Lao. Certamente questa storia avrà bisogno di ulteriori approfondimenti e, soprattutto, dovrà essere pienamente compresa in tutta la sua portata, per fare in modo che possa rappresentare un insegnamento ed un monito ad essere vigilanti, contro ogni tentativo di speculazione, deturpazione del paesaggio e di distruzione di un ecosistema irripetibile di cui madre natura ci ha voluto far dono.

Pio G. Sangiovanni
20/07/2015
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L'apertura del convegno
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Alcuni momento dell'evento
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