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La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell'Unione

LUSSEMBURGO - La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell'Unione. Il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato. È questo, in estrema sintesi, il contenuto della Sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, abbondantemente anticipata durante le scorse settimane e resa nota il 26 novembre 2014. Nel Comunicato stampa diramato nella stessa giornata la Suprema corte dell'Unione dà ampia contezza della Sentenza nelle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-418/13 Raffaella Mascolo e a. / Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.

Un pronunciamento che, come hanno evidenziato le numerosissime reazioni da parte di tutte le organizzazioni di categoria, avrà l'effetto di un vero e proprio terremoto, tenuto conto che gli interessati (sia docenti che ATA) sarebbero almeno 250 mila. Ad essi la sentenza odierna riconoscerebbe sia il diritto ad essere assunti in ruolo, che la corresponsione degli stipendi maturati nei periodi di vacanza contrattuale.
La normativa italiana - si legge nel comunicato - prevede un sistema per la sostituzione del personale docente e amministrativo nelle scuole statali. Secondo tale sistema si provvede, in particolare, alla copertura dei posti effettivamente vacanti e disponibili entro il 31 dicembre mediante supplenze annuali «in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali». Tali supplenze sono effettuate attingendo da graduatorie nelle quali sono iscritti in ordine di anzianità i docenti che hanno vinto un concorso, senza tuttavia ottenere un posto di ruolo, nonché quelli che hanno seguito dei corsi di abilitazione tenuti da scuole di specializzazione per l'insegnamento. I docenti che effettuano siffatte supplenze possono essere immessi in ruolo in funzione dei posti disponibili e della loro progressione in tali graduatorie. L'immissione in ruolo può anche avvenire direttamente in seguito al superamento di concorsi. Tali concorsi sono stati tuttavia interrotti tra il 1999 e il 2011.

I ricorrenti sono stati assunti in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi in base a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione. Essi hanno lavorato durante periodi differenti, fermo restando che non sono mai stati impiegati per meno di 45 mesi su un periodo di 5 anni. Sostenendo l'illegittimità di tali contratti, detti lavoratori hanno chiesto giudizialmente la riqualificazione dei loro contratti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la loro immissione in ruolo, il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra i contratti nonché il risarcimento del danno subito.
Dal canto loro, la Corte Costituzionale ed il Tribunale di Napoli hanno richiesto alla Corte di giustizia se la normativa italiana sia conforme all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e, in particolare, se quest'ultimo consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, senza la previsione di tempi certi per l'espletamento dei concorsi ed escludendo qualsiasi risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo.

"Nella sua sentenza odierna, - prosegue il comunicato - la Corte ricorda innanzitutto che l'accordo quadro si applica a tutti i lavoratori, senza che si debba distinguere in base alla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro nonché al settore di attività interessato. L'accordo quadro si applica quindi ai lavoratori - docenti o collaboratori amministrativi - assunti per effettuare supplenze annuali nelle scuole pubbliche. Al fine di prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, l'accordo quadro impone agli Stati membri di prevedere, in primo luogo, almeno una delle seguenti misure: l'indicazione delle ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti ovvero la determinazione della durata massima totale dei contratti o del numero dei loro rinnovi. Peraltro, al fine di garantire la piena efficacia dell'accordo quadro, una misura sanzionatoria deve essere applicata in caso di utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato. Tale misura deve essere proporzionata, effettiva e dissuasiva."
Per quanto riguarda le "misure di prevenzione", la Corte Europea rileva inoltre che la normativa italiana non prevede alcuna misura che limiti la durata massima totale dei contratti o il numero dei loro rinnovi; essa non prevede neanche misure equivalenti. In tali circostanze, il rinnovo deve essere giustificato da una «ragione obiettiva», quale la particolare natura delle funzioni, le loro caratteristiche o il perseguimento di una legittima finalità di politica sociale.

La Corte giunge, quindi, alla conclusione che l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato non ammette una normativa che, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali dirette all'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, autorizzi il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo il risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo. Tale normativa, infatti, non prevede criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo risponda ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine. Essa non contempla neanche altre misure dirette a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a siffatti contratti.

Pio G. Sangiovanni
26/11/2014
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