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"Cogito, ergo, protesto". E gli studenti rivendicarono il loro diritto a pensare e dire la propria

ALTO TIRRENO - Lo stato di agitazione nelle scuole della provincia continua: c'è il rischio che diventi fisiologico, una nuova emergenza che va ad aggiungersi a quelle oramai croniche. Nella nostra regione siamo avvezzi ad alluvioni, mareggiate, trasformismi, crisi di ogni sorta; da un po' anche il settore dell'istruzione, sull'onda di ciò che succede a livello nazionale, porta in fibrillazione il suo mondo, fatto di personale docente, Ata, studenti.

Lo scorso 30 novembre anche gli istituti superiori di Cosenza e circondario hanno aderito massicciamente alle agitazioni organizzate contro la riforma Gelmini delle università. All'Unical vi sono, ad esempio, corsi di laurea in cui rettori, docenti e ricercatori minacciano le dimissioni in blocco qualora il progetto passi anche al Senato. Gli studenti hanno occupato nella mattinata dello stesso giorno a Cosenza l'autostrada, mentre a Scalea quelli delle scuole superiori del territorio hanno invaso la locale stazione ferroviaria. Se ne sono raccolti circa 500, infatti, proprio a Scalea, provenienti dalle scuole superiori di Fuscaldo, Belvedere Marittimo, Diamante, Praia a Mare, dal locale liceo Metastasio, promotore dell'iniziativa.

Il corteo si è snodato lungo le strade della cittadina, urlando slogan ed esibendo striscioni, che fugavano via qualsiasi dubbio: questo Ddl non piace affatto agli studenti liceali, già proiettati all'università. Nei cori, nel loro fluire tutto sommato composto, nonostante qualche intemperanza, nel sentire i numerosi carabinieri che li fiancheggiavano come vicini e non come avversari, questi studenti calabresi si discostavano molto dai loro omologhi bolognesi, o romani, o genovesi: dimostravano tutta la loro età, compresa tra i quindici e i diciannove anni, la loro gioventù anche esperienziale, meno avvezzi ai raduni, alle manifestazioni di piazza, ai megafoni. Non un aspetto negativo, questo, bensì la dimostrazione che, se non altro, lo stato di agitazione diffuso ha consentito a questi ragazzi di confrontarsi, di informarsi, di provare a parlare in pubblico, di riprendersi uno spazio e un tempo tutti loro.

Ma sul fronte dell'istruzione del Tirreno cosentino vi sono problemi concreti non meno importanti, come l'accorpamento di alcune scuole che negli ultimi giorni ha riempito le pagine di cronaca locale. Un accorpamento in particolare, quello dell'Istituto turistico di Acquappesa ai Licei di Belvedere Marittimo. Forte è stata la reazione dell'amministrazione comunale di Cetraro, paese vicinissimo ad Acuappesa, che ospita Licei che rischiano di perdere l'autonomia avendo attualmente 320 alunni, quando al di sotto dei 300 il pericolo paventato diventerebbe realtà, con le conseguenze che andrebbero a pesare sull'utenza e il personale tutto. Maria Grazia Cianciulli, dirigente dei Licei di Belvedere, chiamata in causa più volte in interventi che subodoravano chissà quali interessi sotto tale decisione, ha risponsto energicamente alle illazioni: "Politica scolastica, non calciomercato". Tuttavia, alla fine, il Consiglio provinciale nella seduta di martedi scorso ha approvato a larghissima maggioranza il Piano di dimensionamento scolastico, che l'altro prevede l'accorpamento dell'ITT di Acquappesa all'Ipsia di Paola, anch'esso messo male sul piano numerico degli alunni.
Logiche perverse o equilibrate? Difficile deciderlo, quando gli studenti diventano merce di scambio e angora di salvataggio per docenti e non, che scongiurano la perdita del posto di lavoro derivante dalla perdita dell'autonomia di una scuola.

"La linea di principio generale - ha affermato l'Assessora Maria Francersca Corigliano - è stata quella di tutelare il diritto alla scuola di tutti. E quando parlo di diritti, mi riferisco alla possibilità di frequentare regolarmente per esercitare nel migliore dei modo il diritto-dovere all'apprendimento. Il primo criterio che abbiamo assunto è il rispetto delle proposte e delle indicazioni dei sindaci. Un sindaco è il migliore conoscitore del proprio territorio. Ne recepisce le istanze, ne conosce le potenzialità e le vocazioni e, per quanto riguarda l'istruzione obbligatoria, ha competenza diretta sull'edilizia scolastica e sull'erogazione dei servizi. Pertanto, relativamente alla scuola primaria e secondaria di primo grado, nel rispetto delle prerogative attribuite ai sindaci dalla normativa vigente, sono state interamente recepite le delibere di Giunta. Per quanto riguarda l'istruzione media di secondo grado, la Provincia ha esercitato le proprie prerogative, tenendo in considerazione i pareri dei Sindaci, quando non in conflitto con l'interesse generale".

Altro criterio dello stesso Piano è la salvaguardia dell'autonomia scolastica. "Il mantenimento delle autonomie esistenti nel territorio provinciale è importante per due ragioni, una di carattere più propriamente sociale e l'altra di carattere socio-culturale e pedagogico. - sostiene Corigliano - Rispetto alla prima mi limito a dare un dato: per ogni autonomia soppressa si perdono quattro posti di lavoro. E questo, in un territorio già costretto a subire i tagli e le economie di stato, sarebbe stato un sacrificio duro da sostenere. Ma non meno importante è la seconda ragione. Perché l'autonomia si declina in termini di organizzazione (tempi e spazi) di gestione delle risorse finanziarie, di valorizzazione delle risorse umane, di progettualità didattica, di rapporto con gli Enti Locali, di possibilità di costruire reti. L'autonomia consente di offrire risposte che, nel rispetto dei programmi nazionali, intercettano i bisogni cognitivi, culturali e sociali e valorizzano le risorse locali, nell'ottica pedagogica del territorio assunto come aula decentrata".

Diceva l'assessora provinciale che perdere l'autonomia per una scuola equivale a perdere almeno quattro posti di lavoro: in una regione debole socialmente ed economicamente come la Calabria, significa raddoppiare i disagi e lo spopolamento progressivo di tante sue aree e settori. Molti insegnanti hanno già fatta la valigia alla volta del nord Italia, tanti altri sono pronti a farla. La scuola nelle zone che già partono svantaggiate rimangono importante presidio di legalità, cultura, formazione. Ancora una volta la logica è quella del risparmio, e sarebbe fin troppo facile indicare possibili altri canali di risparmio che non vengono neanche presi in considerazione. E allora, alla rassegnazione, o accondiscendenza, oppure onestà di probi funzionari, a seconda dei casi, dimostrata negli ultimi due anni da molti dirigenti e docenti, si oppone la presa di coscienza di tanti studenti, che non si rassegnano al ruolo imposto di "cavie" , "birilli", "parafulmini" e cercano il modo, l'espediente, per affermare un loro nuovo protagonismo, fatto pure di slogan desueti, ma forse perchè ormai vecchi e cronici sono i mali della nostra scuola, che ha sempre più bisogno di risorse finanziarie, intellettuali, sentimentali.

Tania Paolino
02/12/2010
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