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La dispersione scolastica brucia oltre 2 miliardi

SCUOLA E SOCIETA' - La dispersione brucia oltre 2 miliardi Padoa Schioppa bacchetta la scuola. L'allarme del ministro dell'Economia: "Un costo economico inaccettabile".
Il fenomeno riguarda soprattutto le prime 4 classi e coinvolge circa 460mila studenti. Ogni alunno costa 6.518 dollari l'anno contro i 5.595 dei Paesi Ue.
Ogni anno, quasi uno studente su quattro si perde per strada: lascia gli studi o incappa in una bocciatura. La scuola superiore italiana è inefficiente? Scorrendo i numeri sembrerebbe proprio di sì. Il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, illustrando il Documento di programmazione economica e finanziaria per il periodo 2007/2011 ha sostanzialmente bocciato l'ultimo segmento della scuola pubblica italiana. Secondo il responsabile dell'economia in relazione ai risultati che riesce ad ottenere, la scuola costerebbe troppo: 6.518 dollari per alunno l'anno. Troppi rispetto ai 5.595 della media dei paesi Ue.
Un ruolo fondamentale, più volte richiamato nelle ultime settimane dallo stesso ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, è giocato dalla cosiddetta dispersione scolastica. Un fenomeno sul quale è necessario fare qualche chiarimento. Nelle statistiche più accurate tra gli alunni 'dispersi' vengono conteggiati, oltre ai bocciati, coloro che avrebbero dovuto (in base alle norme sull'obbligo scolastico vigenti) iscriversi a scuola e non lo hanno fatto - i cosiddetti 'evasori' - e coloro che abbandonano le aule scolastiche a metà anno senza dare più notizie di sé (gli abbandoni).
Degli evasori, senza monitoraggi accurati e anagrafe alunni, non è possibile avere un dato certo mentre i secondi, insieme ai 'non promossi', vengono annualmente censiti dal ministero della Pubblica istruzione.
I dati. Secondo gli ultimi dati disponibili che si riferiscono all'anno scolastico 2004/2005, su circa 2 milioni di studenti delle prime quattro classi la dispersione interessa 460 mila (più del 23 per cento) ragazzi. Quasi 289 mila non ce l'hanno fatta a conquistare la promozione alla classe successiva e 171 mila pur risultando tra i frequentanti non sono mai stati scrutinati dai professori. Tecnicamente viale Trastevere parla di 'interruzioni' della frequenza che in parecchi casi sono state 'formalizzate' dagli stessi genitori (che ne hanno dato comunicazione alla scuola), ma in tantissimi casi risultano 'non formalizzate'. Di questi ultimi la scuola non ha più notizia: sono andati a lavorare?
Dei primi si sa che alcuni chiedono il nulla osta per iscriversi nelle scuole private, altri passano alla Formazione professionale o all'Apprendistato. Un numero, quello di coloro che preferiscono passare alla privata, che comunque non arriva a 17 mila unità. I numeri consegnano la maglia nera ancora una volta al Sud. Sono le regioni del Nord-est a fare registrare infatti il tasso più basso (17 per cento) di dispersione, che nelle Isole raggiunge invece il 28 per cento. I costi della dispersione. La dispersione scolastica costa allo Stato 2 miliardi e mezzo l'anno. Se, per ipotesi, da un giorno all'altro tutti i ragazzi diventassero studiosi e non ci fossero più bocciati o ritirati nel corso dell'anno scolastico, il bilancio dello Stato risparmierebbe proprio questa cifra che ha assunto dimensioni esorbitanti. Ed è lo stesso ministro dell'Economia, Padoa Schioppa, a fornire i dati per calcolare il 'costo economico della dispersione scolastica'.
Il calcolo è stato effettuato per difetto perché non vengono considerati gli studenti pluriripetenti e quelli che abbandonano gli studi al terzo o al quarto anno: per i quali occorrerebbe calcolare il costo sostenuto per più anni. Con interventi mirati sulla dispersione, in quattro anni si potrebbero risparmiare 10 miliardi. Ma, forse, il costo economico non è quello più importante. Occorre tenere conto anche del 'costo sociale' della dispersione: nelle zone a rischio, i dispersi sono facile preda della microcriminalità, senza contare che allungano la schiera di coloro che restano senza un diploma.

(6 settembre 2006) - FONTE: La Repubblica
08/09/2006
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