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Bavaglio alla democrazia nel disegno del Governo

Ci provò, prima Amato nel 2001 e Berlusconi a pasticciare sul concetto di "prodotto editoriale", ci riprova adesso Prodi. Tutti fortunosamente uniti nel voler limitare uno strumento che non conoscono, non capiscono e forse fa anche paura.

L’articolo 2 del disegno parla di qualsiasi prodotto, quindi estende a tutto l’universo della comunicazione sia che essa si ponga l’obiettivo di informare ( e pensiamo alla nostra esperienza di libera informazione) sia di formare (e penso alla mia rete dove metto nella libera circolazione anche i prodotti delle mie lezioni) sia se riguardi la semplice divulgazione o intrattenimento.

Insomma tutta la rete. Ma il problema non è tanto la definizione, quanto il legare questa al concetto di esercizio (art. 5) in cui la attività editoriale non è più, come si intende finora, necessariamente legata ad una professione remunerata, ma diventa esercizio anche se svolta in modo non imprenditoriale e per finalità non lucrative. Insomma non sono più libero di regalare le mie idee alle persone che lo vogliano, non posso più mettere in rete le slides delle mie lezioni.

Al di là delle assicurazioni degli estensori del disegno di legge se non cambia questo concetto, se non si elimina l’obbligo di iscrizione al Registro della comunicazione di tutti i siti ed i blog, siamo al bavaglio alla informazione. Una pessima figura antidemocratica. " Non siamo in Brimania " tuona Caruso.

Fa pensare cosa ci sia dietro tutto questo. Se il 12 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità questo obbrobio, come fa Di Pietro a tuonare "non lo voterò mai". Pecoraro si scusa nel suo blog che quel giorno, "dopo aver tentato di migliorare il decreto sul welfare, sono dovuto correre al Quirinale per premiare i giovani impegnati sul cambiamento climatico e la norma che sta allarmando la Rete mi è sfuggita".

Se immaginiamo le riunioni dove si passano questi pasticci senza analizzarli abbiamo di che preoccuparci. Pur tuttavia possiamo credere alla buona fede.

Ma una altra cosa che mi viene in mente. Tutti i politici che conosco da vicino hanno una scarsa conoscenza di internet, diciamo pure che stentano ad accendere un computer. Ne hanno paura. Sono i nuovi analfabeti informatici, quelli che tra una decina di anni, con il trend che sta avendo internet, saranno tagliati fuori dalla comunicazione, potranno solo parlare guardandosi allo specchio.

Bene questi personaggi hanno paura della rete. La rete controlla, la rete organizza, la rete diffonde, i blogger fanno tendenza, coprono i silenzi. La libera informazione approfondisce la dove la superficialità impazza, dà voce ai problemi dimenticati, mette in rete le idee. Con questa norma siamo ad un nuovo medievo culturale, questo disegno di legge va ostacolato con ogni mezzo oppure va dimenticato come il disegno di legge di Berlusconi.

Fonte: Agoramagazine.it
24/10/2007
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