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DS a Firenze: finale di partito

«Di solito i partiti si dividono, noi invece abbiamo due partiti che si sciolgono per unirsi...». Romano Prodi benedice da Tokio il congresso dei Ds che apre domani al Mandela Forum di Firenze, e quello della Margherita che esordisce venerdì a Roma, nell'obiettivo comune di dissolversi nel 'nuovo' Partito democratico. L'aggettivo «nuovo» si spreca negli interventi di casa Ds che precedono le assise fiorentine - a quanto pare dimentichi di stare rispolverando stilemi ripescati di peso dai nuovismi degli anni '80; e così lo slogan «Una forza grande come il futuro», che pavesa il congressa della Quercia, non sembra capace di coprire l'evanescenza del 'manifesto' del futuro Pd: «non è stata convenientemente sviluppata tutta la parte culturale, strategica e programmatica», segnalava ieri impietosamentew Massimo Cacciari.

Ma una novità c'è, per 'oliare' la discesa nel Pd. E l'annuncia il coordinatore della segreteria Ds Roberto Migliavacca, presentando il congresso nella conferenza stampa di ieri. A Firenze nulla può accadere di imprevisto, l'esito è già predeterminato, anzi già pre-scritto: sarà approvato un documento finale in fotocopia, identico a quello che dovrà approvare a sua volta il congresso della Margherita. Migliavacca lo dice in modo più sofisticato: il testo finale contiene un «dispositivo sincronizzato» con quello dei Dl, che «avvierà» la nascita del «processo costituente del Partito democratico», chiudendo la storia della Quercia.

Il singolare stratagemma allestito dai gruppi dirigenti non dissolve però i problemi: non c'è pace tra gli Ulivi. Il IV congresso dei Ds, l'ultimo della storia del partito, si apre infatti al Mandela Forum con due mozioni dissidenti con la scelta della segreteria e della maggioranza. La sinistra Ds ha già deciso che non entrerà in alcun organismo dirigente, e questa serà i suoi 250 delegati si ritrovano per pronunciare l'ultima parola sul percorso delineato dal coordinamento nazionale dell'area di Mussi e Salvi: solo Fabio Mussi parlerà venerdì mattina, per annunciare e spiegare che la sinistra se ne va subito, dal congresso e dal partito.

I proponenti della terza mozione Gavino Angius e Mauro Zani,annunciano invece una «battaglia durissima» a suon di ordini del giorno soprattutto sulla collocazione internazionale del futuro Pd - che «non deve abbandonare la collocazione europea nel Pse» - e sulla laicità, oltre alla richiesta di tempi «più lunghi» per lo scioglimento dei Ds. Perciò «per ora» questa area rimane nella Quercia. C'è da segnalare anche un rinato protagonismo di Sergio Cofferati, che annuncia la presentazione a Firenze di un «documento» firmato da lui e da «altri» esponenti su cui ieri dichiarava di voler mantenere il segreto: obiettivo, fare in modo che nella costruzione del Pd si garantisca una partecipazione larga, dal basso - posizione nuova, per un sindaco che a Bologna non sembra prediligere una partecipazione troppo 'vasta'.

Piero Fassino, forte del 75% dei consensi raccolti, ma preoccupato non solo dell'addio della sinistra bensì anche di un po' di 'tormenti' trasversali che angustiano i diessini, spiega, rassicurante, che il Partito democratico «guarda al futuro ma senza tagliare le radici». E Massimo D'Alema ammette la «fatica» esaltando però la «grande occasione», «grande operazione politica». Di passaggio va notato che ci sono 'tormenti' anche nella Margherita, che Mastella si prepara «a raccogliere» prefigurando la costruzione di un'altra formazione «di centro». Francesco Rutelli tira dritto e in eco a D'Alema tacita tutti: «Noi facciamo una cosa grande...». Per capire i primi passi della «cosa», forse è utile l'apparente lapsus di Prodi, che con gli studenti di Tokio contina imperterrito a usare il nome «Ulivo». Non a torto. Il Pd ha infatti alle spalle un progetto politico che si è venuto dipanando nella costruzione di una formazione politica che aveva tra i suoi spunti l'obiettivo di una 'americanizzazione', ossia l'ossessione della «governabilità» tramite semplificazione. In questo ultimo anno di governo del centrosinistra si è poi fatta «urgente» la necessità di una egemonia moderata più forte rispetto alle 'sinistre'. E anche l'obiettivo di puntare concretamente a una evoluzione 'centrista'.

Fonte: Il Manifesto
19/04/2007
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