25° Domenica dell'anno (c)
Carissimi, solo un rapido saluto questa volta, perché la locandina è un po' in ritardo. Messa all'Ulivo domenica alle ore 11. Un abbraccio, GM
Siamo amministratori di un bene enorme, che, con troppa superficialità, pensiamo essere solo nostro ed invece è il bene più grande che ci è stato affidato da Dio, cioè la nostra vita. Il rendiconto non arriverà solo alla fine dei nostri giorni, ma arriva con il passare stesso del tempo, allorquando – come ci succede – ci domandiamo «Che cosa ne sto facendo della mia vita?». Non di rado ci troviamo in difetto: tra le aspettative di chi ce l’ha affidato e ciò che noi ne stiamo facendo, il tempo vissuto e quello che stiamo vivendo ci appare sciupato, se non proprio sperperato del tutto. Gesù ci insegna nel vangelo di oggi, ad essere “accorti” nella gestione del tempo, ci invita a recuperare le occasioni perdute, amando in primo luogo i bisognosi e dimenticati. L’impegno per loro e per la loro causa, come ad esempio, l’impegno per la giustizia, per la pace e per la sensibilizzazione in tal senso ci procureranno quegli amici che sono anche i migliori amici di Dio.
25^ Domenica dell’anno (c)
"Tu quanto devi al tuo padrone?"
Quanto ti devo, Signore,
è certamente incalcolabile, ma per fortuna,
tu non sei un padrone, e, a rigore,
non dovremmo nemmeno chiamarti "Signore":
hai voluto essere chiamato solo Padre.
Così ci ha insegnato il Figlio tuo,
venuto a condonare ogni debito.
Dinanzi alla ricchezza infinita dei tuoi doni,
non potremo vivere altrimenti
che donando, per farci solo degli amici
che ci aiutino a raggiungerti.
(GM 19/09/04)
Vangelo di Luca (16,1-13) <<[Gesù] diceva anche ai discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona»>>.
17/09/2004
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