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La domenica del villaggio

Alle dodici e mezza quasi tutti scompaiono dalla via principale. In quella strada dove si parla di tutto e si discute di tutti, ad un tratto, all’ora precisa la gente ritorna a casa; sembra quasi che qualcuno abbia gridato a gran voce: ”rientrare tutti a casa”.

Ma non ho sentito gridare nessuno, in realtà qui nessuno grida… più che grida si sentono profumi, profumi che gridano, che dicono torna a casa che i fusilli sono quasi pronti.

Si, è proprio vero, qui ancora i profumi si sentono, l’odore del sugo dolce e piccante, l’amido nell’acqua di cottura dei fusilli accompagnato da un leggero odore di fumo, la persistenza della carne alla griglia piena di spezie mediterranee che ti fa sognare.

Ma il momento più bello è quando arrivi; appena oltrepassi la porta vieni invaso da mille profumi: la frittura, il pane, l’olio, il vino, il formaggio, i salumi. E poi, quando arrivi a vedere la tavola, i profumi si trasformano in realtà ed hai davanti agli occhi tutto il meglio dei prodotti tipici, quelli veri, non quelli che compri al negozio.

Per iniziare soppressata, capicollo, olive, zucchine e melanzane sott’olio, polpette di patate fritte, tutto per antipasto. E neanche sei ancora seduto che il vino riempie il bicchiere; ed è da li che si comincia “a salute i tutti quanti”.

Dopo l’antipasto arriva il primo bello fumante, con una salsa rossa ed una leggera neve di pecorino: la pasta, i fusilli che fan fatica ad entrare nel piatto, sembra quasi che ti parla e ti dica “muoviti fai presto, non vedi che non ci entro?”, e tu che fai? prendi dalla tavola la spezzia per eccellenza, “ù cancariddù”, la giri, la rompi, la annusi e la versi sui fusilli. E poi “buon appetito”. Che sapore il piccante, il fusillo, il pecorino ed il sugo di braciole di maiale che ti riempiono di felicità. A contribuire alla festa c’è poi quel nettare portato dai greci, bello rosso, robusto e forte. “A salute”.

Poi, nello stesso piatto dei fusilli, si mangia un po’ di carne di maiale arrotolata e conservata nella sugna che, fatta cuocere accuratamente insieme alla conserva di pomodoro fatta in casa, diventa un passaggio fondamentale per passare al secondo. Naturalmente accompagnata dal rosso e dal pane cotto a legna, bello bianco e profumato che a romperlo devi fare un po’ fatica; e che delizia quando la fatica e fatta.

Il secondo arriva quasi a dire “c’è posto per me?”, e noi tutti a guardarlo, “nu poco na ma mangià”. Ma che poco e poco, forse e meglio dire un po’ alla volta, si perché l’arrosto non lo devi mettere tutto insieme nel piatto altrimenti si fredda. Bisogna mangiare prima il filetto che è u po’ più duro, poi la salsiccia e poi le dogarelle, naturalmente accompagnate da una insalata di lattuga bella croccante condita con olio sale ed un po’ di aceto. Poco aceto perché altrimenti con il vino stona e non va bene.

A questo punto il pranzo si avvia alla conclusione. Dico si avvia perché ancora non è che sia finita per nostra fortuna. Ed è qui che si vede la cuoca, che si vede la bravura: una bella crostata di mostarda, un bel dolce alla crema, due noci secche, nu bellu ficu sicco, accompagnati da un cedro o un nocino fatti in casa. E la domenica si che diventa domenica.

Buona digestione a tutti e a presto.

V. Grisolia
13/11/2004
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