Accedi oppure Registrati
Prima pagina Notizie Articoli Foto Dizionario dialettale Abystron teche Sostienici

dove

Direttore: Pio Giovanni Sangiovanni Credits | Privacy
 
17:39
Domenica
05/05/2024
Traduci English Français Español Deutsch Portuguese
Sei in /Italia/Precedenti/Società e costume/Anno 2005/Sanitàe burocrazia

Italia, buoni ospedali e cattiva burocrazia

SOCIETA' E COSTUME - Italia, buoni ospedali e cattiva burocrazia. Il giudizio del Tdm.
Presentato il quarto rapporto del Tribunale dei diritti del malato sulla sanità italiana. Aumenta il comfort in corsia, ma c'è poca informazione e troppe attese. Gli ospedali italiani migliorano le prestazioni, ma allo stesso tempo le rendono sempre più irraggiungibili. E’ il paradosso evidenziato dal quarto rapporto “Audit civico” di Cittadinanzattiva-Tribunale dei diritti del malato (Tdm), presentato ieri a Roma.
Il problema, secondo il Tdm, è l’accessibilità: a fronte di un costante miglioramento del comfort, e della contestuale riduzione dei famigerati “errori in corsia”, rimane sempre difficile, per i cittadini, accedere alle informazioni, alle strutture e alle prestazioni delle strutture sanitarie. E’ anche e soprattutto una questione di tempi.
Un’interminabile fila virtuale intasa in permanenza l’accesso a qualsiasi prestazione: per sottoporsi a una mammografia l’attesa può arrivare a due anni, un anno per un ecodoppler cardiaco o un’ecografia addominale, 6 mesi per una gastroscopia, 4 per una colonscopia o una Tac integrale. Non è solo una dura prova per la pazienza, ma un pericolo per la vita, visto che si tratta di esami che richiederebbero tutta la tempestività possibile per aggredire il male prima che sia troppo tardi. L’indagine, svoltasi nell’arco del 2004, è stata completa e pignola.
Cittadinanzattiva ha monitorato 166 strutture sanitarie, appartenenti a 32 Asl in tutta Italia. In tutto, sotto la lente dell’associazione sono passate 464 unità di degenza in 54 nosocomi, 30 sedi di distretto, 51 poliambulatori, 16 Sert e 15 centri di salute mentale.
Promossi in qualità, bocciati in efficienza. Questo il verdetto sugli ospedali della Penisola emesso dal Tribunale. In poco meno della metà delle strutture ospedaliere (46,2%) e nel 75% dei poliambulatori monitorati non è ancora possibile pagare il ticket al di fuori degli sportelli per le prenotazioni. In un terzo dei poliambulatori è impossibilie prenotare visite specialistiche ed esami diagnostici attraverso un centro unico di prenotazione, né per telefono. I tempi di attesa biblici hanno poi costretto a bloccare le liste nel 64,8% degli istituti. Parlare di diritto alla salute, di fronte a questi dati, è un esercizio di retorica.
Il rapporto, inoltre, punta il dito sulla carenza dell’informazione al cittadino-paziente. Nel 59% degli ospedali, nel 66% dei distretti e nell’80% dei poliambulatori monitorati non c’è alcun opuscolo informativo a disposizione dei cittadini.
Dati che fanno male se si pensa che, superate le maglie della burocrazia, la qualità della vita in corsia risulta nei limiti del possibile soddisfacente. Il Tdm lo riconosce: i tre quarti dei reparti di pediatria sono dotati di spazi per il gioco, mentre il 78% prevede spazi per i genitori che vogliono stare accanto ai figli durante la degenza; il 65% delle strutture si è attrezzato di sistemi per scongiurare il rischio clinico, il 56% ha un sistema di rilevazione degli errori, il 59% ha organizzato corsi di formazione sul tema; e ancora, il 59% delle Aziende ha istituito un servizio di ingegneria medica, il 96% una Commissione per infezioni ospedaliere, il 93% per il buon uso del sangue.
Non c’è solo una diagnosi, nel rapporto sulla sanità italiana, ma anche una proposta. Potremmo chiamarla “democrazia sanitaria”, è il principale obiettivo del Tdm: la segretaria generale dell’associazione, Teresa Petrangolini, ritiene infatti che in materia di politica sanitaria, cioè della possibilità di incidere sulle scelte dell’ospedale, i cittadini vengano sistematicamente esclusi.
“C’è un’assoluta difficoltà – ha denunciato la segretaria durante la conferenza – a capire che i cittadini sono parte attiva del sistema e che questo ha anche un significato politico: testimonia cioè un’allargamento dell’area degli interlocutori e dei decisori. La nostra battaglia è rivolta anche a far sì che la voce del cittadino sia ascoltata e presa in considerazione”.
Fonte: Tuoquotidiano.it
29/06/2005
Ascolta con webReader

 


0 commenti.

Per visualizzare lo spazio commenti è necessario accedere al sito.

Accedi
Nome utente
Password
 
 
Registrati | Recupera dati
In questa sezione